Il mercato dei Managed Service Provider sta attraversando una trasformazione silenziosa ma radicale. Mentre l’attenzione mediatica si concentra su intelligenza artificiale e quantum computing, un’evoluzione più pragmatica si sta affacciando nel settore dei servizi gestiti: la governance della compliance.
La centralità di questa attività è in realtà già evidente dal momento che oggi nessun progetto IT parte senza una valutazione di rischio approfondita, dalla cybersecurity alla protezione del dato, e la continuità operativa è sempre più una conditio sine qua non. Queste evidenze confermano il cambio di prospettiva nell’ambito della compliance: da vincolo normativo da gestire occasionalmente a servizio continuativo. Un cambio che, modificando le esigenze delle imprese, offre nuove opportunità agli MSP.
La convergenza perfetta
Il 2026 rappresenterà il punto di svolta nella gestione della compliance per diversi motivi, a cominciare dalla pressione normativa che anche in Italia sta crescendo in modo esponenziale. La direttiva NIS2 ha introdotto obblighi stringenti per numerose categorie di operatori essenziali e importanti, con scadenze di audit e reporting che molte organizzazioni preferiscono esternalizzare piuttosto che gestire internamente. DORA per il settore finanziario richiede capacità di resilienza operativa e controlli continuativi sui fornitori ICT che poche realtà possono sostenere autonomamente.
Anche il GDPR mantiene la sua rilevanza sotto la pressione delle sanzioni che prevede, mentre il Data Act (applicabile da settembre 2025) e l’AI Act, che entrerà in piena operatività ad agosto 2026, stanno introducendo ulteriori requisiti che si intrecciano con gli obblighi già esistenti, creando un panorama normativo che molti player faticano ancora a interpretare e implementare operativamente.
Certamente, quello che la legislazione sta chiedendo non è più semplicemente di essere conformi, ma dimostrare una resilienza continuativa. Le organizzazioni devono provare non solo di aver implementato controlli adeguati, ma di monitorarli costantemente, aggiornarli in base all’evoluzione delle minacce e documentare tutto il processo in modo tracciabile e verificabile. Un compito complesso anche per le grandi aziende dotate di team di compliance interni.
La crescita della cyber insurance anche nel nostro Paese sta accelerando ulteriormente questa dinamica. Con il costo del cybercrime che cresce di mese in mese, il numero delle big company che sottoscrivono queste polizze aumenta ma, di contro, le compagnie assicurative stanno irrigidendo drasticamente i requisiti anche sotto il punto di vista della conformità per ottenere le coperture.
In questo contesto, il passaggio alla “Compliance as a Service” non sta tanto nel “cosa”, quanto nel “come” ovvero nel trasformare l’approccio alla compliance da evento episodico a processo continuativo, da progetto una tantum a servizio continuativo e strutturato.
Quali implicazioni per le imprese?
La crescente centralità della compliance ha impatti diversi a seconda delle dimensioni e della maturità delle organizzazioni. Per le grandi aziende – banche, compagnie assicurative, catene del retail – il passaggio al monitoraggio continuativo amplifica le sfide già presenti portandole a un ulteriore livello di complessità.
La prima riguarda indubbiamente la governance della complessità dell’ecosistema IT: queste aziende operano con decine di fornitori ICT, infrastrutture, repository e applicazioni multiple e all’interno di framework normativi sovrapposti. Per aziende con operations internazionali, come nel retail, questo implica gestire anche le diverse normative locali
La seconda sfida è l’integrazione tra compliance e business continuity. Il passaggio da audit periodici a monitoraggio real-time richiede sistemi di controllo che operino senza impattare le attività e le loro performance. Non è banale quando si gestiscono milioni di transazioni quotidiane: serve un’architettura che garantisca visibilità completa mantenendo attiva l’operatività.
Infine, c’è la responsabilità personale. NIS2 introduce sanzioni dirette per i manager, trasformando la compliance da questione tecnica a rischio reputazionale e legale per il top management. L’insieme di queste sfide sta spingendo le grandi imprese verso un modello ibrido in cui si mantiene internamente la governance strategica affidandosi a partner esterni per le componenti operative più impattanti e complesse.
Per le PMI italiane, l’impatto della compliance è di natura diversa, e potenzialmente più dirompente. La maggior parte di queste realtà non dispone infatti di team dedicati, e il crescente obbligo di conformità impone non solo investimenti e nuove competenze da acquisire, ma anche di ripensare processi consolidati in un’ottica di tracciabilità e documentazione continua.
Tuttavia il vero punto critico per queste realtà è la competitività. Le grandi aziende stanno iniziando a richiedere ai fornitori certificazioni di compliance come prerequisito contrattuale. Per le PMI, la conformità diventerà così sempre di più la condizione di accesso al mercato, perché non averla significa rischiare l’esclusione da gare e forniture importanti.
Gli MSP, abilitatori della compliance
In questo contesto, gli MSP hanno la possibilità di porsi come partner chiave nella gestione continuativa della compliance. Nel dettaglio, le big company trovano negli MSP la capacità di gestire la complessità del loro ecosistema IT, attraverso piattaforme integrate che centralizzano il monitoraggio anche di fornitori terzi, automatizzano la raccolta di evidenze per gli audit e forniscono dashboard real-time sullo stato di conformità dell’intero ecosistema. In questa direzione, il MSP non sostituisce i team interni di compliance ma li potenzia, assumendosi la responsabilità operativa del monitoraggio continuativo.
Nei confronti delle PMI, invece, gli MSP possono giocare un ruolo di democratizzazione della compliance, rendendo accessibili servizi che altrimenti richiederebbero investimenti proibitivi e l’assunzione di personale specializzato, proponendosi come “responsabili della compliance in outsourcing”. Gestendo dalla valutazione iniziale ai controlli periodici, dalla documentazione agli aggiornamenti normativi, questo modello consente alle piccole-medie imprese non solo di rispettare gli obblighi ma di acquisire le certificazioni necessarie per poter aver accesso a certi mercati.
Questa evoluzione conferma ancora una volta il passaggio dall’approccio tradizionale, basato su interventi reattivi a problemi già emersi, a un modello proattivo che privilegia il monitoraggio continuo e la gestione anticipata delle criticità. Gli MSP che abbracciano questo cambiamento possono trasformare la compliance da obbligo normativo in driver di innovazione del servizio, costruendo relazioni più forti e continuative con i clienti, creando nuove opportunità di business e soprattutto, posizionandosi come partner strategici piuttosto che fornitori occasionali.
Non solo obblighi
La pressione continua imposta dagli obblighi ed adempimenti normativi ha anche un risvolto in ottica di sviluppo e di nuove opportunità per tutte le aziende, sia di grandi che di piccole dimensioni: una attenta analisi della propria postura e l’implementazione di strumenti organizzativi e tecnologici per la remediation delle eventuali lacune può rendere le aziende più virtuose, in quanto l’obbligo di rivedersi con un occhio critico fa emergere numerosi ed importanti spunti di miglioramento sotto differenti aspetti.
Dalla razionalizzazione dei processi alla messa in sicurezza delle infrastrutture nasce anche una potenziale ottimizzazione dei costi e conseguente maggiore competitività sul mercato, ovvero una maggiore efficienza a parità di costi. Anche in questo ambito il supporto dei MSP è centrale per consentire di raggiungere obiettivi di ottimizzazione e crescita, in concomitanza con le attività di governance degli aspetti regolatori
A cura di Sergio Ajani, Services & Solutions Design Director di Innovaway
