L’abbigliamento da lavoro professionale è un aspetto fondamentale sia per la sicurezza sui luoghi di lavoro, sia per garantire ai collaboratori la possibilità di conseguire standard di efficienza ottimali, in linea con gli obiettivi del business.
Selezionare i capi e gli accessori di volta in volta più adatti è perciò essenziale: non è un optional, ma una questione che incide sulla stessa sostenibilità e produttività dell’azienda. Vediamo dunque come valutare le soluzioni migliori per l’abbigliamento da lavoro caso per caso: un mondo complesso e, allo stesso tempo, tutto da scoprire.
Cosa dice la normativa? Abbigliamento da lavoro vs DPI
Facciamo subito chiarezza: non tutto l’abbigliamento usato in servizio è “DPI”. La legge italiana chiarisce che gli indumenti ordinari o le uniformi non destinate alla protezione del lavoratore non risultano catalogabili come Dispositivi di Protezione Individuale.
I DPI, invece, diventano obbligatori e devono essere forniti dal datore di lavoro quando i rischi non possono essere eliminati con misure collettive o organizzative: rispondono infatti a requisiti specifici.
Perché questa distinzione è fondamentale? Per una ragione molto semplice: ci sono contesti in cui gli indumenti dell’abbigliamento da lavoro, in quanto fungono da DPI, devono rispondere a parametri (e rischi) particolari, che possono avere livelli differenti.
La valutazione, in tale contesto, va fatta alla luce del Regolamento (UE) 2016/425, che regolamenta quanto ruota intorno alla commercializzazione dei DPI. Essi devono avere in dotazione marcatura CE, libretto di istruzioni per l’uso e rispondere a una valutazione di conformità, nel rispetto degli standard UNI, EN e ISO.
Sostanzialmente, occorre distinguere tra “divisa o uniforme” e “DPI”, a fronte di una valutazione attenta del tipo di rischio e della tipologia di indumento di cui si ha davvero necessità.
Non solo DPI: a ogni settore il suo abbigliamento da lavoro
Esistono molteplici tipologie di abbigliamento di lavoro e non tutti i capi e accessori, come abbiamo avuto modo di vedere, possono essere annoverati come DPI, cosa che comunque intercorre nella maggior parte dei casi, in relazione ai rischi presenti sul luogo di lavoro.
Detto ciò, possiamo affermare che ogni contesto necessita di soluzioni ad hoc, da valutare caso per caso. Ecco una panoramica di base, con alcuni esempi pratici:
- abbigliamento anticalore: da giacche e pantaloni per saldatura passando per indumenti ignifughi, fino a manichette e ghette, gli articoli che assolvono tale funzione sono molteplici;
- abbigliamento antitaglio: tra le soluzioni più comuni che rientrano nella categoria troviamo giacche antitaglio, grembiuli con pettorina resistente al taglio, pantaloni antitaglio per chi utilizza apparecchi come la motosega e polo resistenti al taglio;
- abbigliamento criogenico: si tratta di indumenti che assicurano una protezione ottimale dal freddo estremo e dal contatto con liquidi criogenici come l’azoto liquido, prevenendo possibili ustioni o lesioni della pelle. Tra gli accessori più comuni troviamo grembiuli, ghette, guanti e visiere.
Infine, altre categorie comuni di abbigliamento da lavoro sono quelle di matrice industriale, Ho.Re.Ca., medicale, multinorma e monouso. Ognuna di esse risponde a standard specifici che è bene consultare con attenzione così da coniugare performance e rispondenza alle normative di volta in volta in vigore.
